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21 October 2014

DD’s Adventures: ex manicomio di Mombello

Digitale Article

Dopo due anni di sbavo e svariati (vani) tentativi di convincere qualcuno ad accompagnarmi, lo scorso giugno (il 21) sono finalmente andata a visitare l’ormai celeberrimo ex manicomio di Mombello, a Limbiate, in provincia di Monza-Brianza.

La storia

Conosciuta come “manicomio di Mombello”, in realtà il nome della struttura è Villa Pusterla-Arconati-Crivelli ed è stata costruiti sui resti di una struttura già risalente al periodo medioevale, successivamente ristrutturata e progressivamente ampliata dal ‘500 in poi.
Nel corso dei secoli vi hanno soggiornato personaggi del calibro di Ferdinando IV, re della Due Sicilie, e Napoleone con annessa famiglia; è qui che la sorella Paolina si sposò verso la fine del ‘700.
La villa resta abbandonata per un lungo periodo durante l’ ‘800 fino a quando, nel 1863, il comune di Milano la acquista e ristruttura per poi trasformarla in un ospedale psichiatrico.
La clinica avrebbe dovuto ospitare al massimo 900 pazienti, ma si arrivò presto al sovraffollamento raggiungendo superando i 3000 pazienti. Morì proprio in questo ospedale uno dei figli illegittimi di Mussolini, Benito Albino, nel 1942.
Nel 1978 entrò in vigore la legge 180, legge Basaglia, che impose lo smantellamento dei manicomi, incluso ovviamente quello di Mombello, chiuso definitivamente nel 1999.
Attualmente ci sono ancora dei padiglioni in uso che ospitano un istituto di agraria e periti aziendali ed il “Corberi”, una casa di accoglienza per malati mentali gravi.

Come arrivare

L’accesso è lungo la lunghissima Via Monte Grappa. Per le coordinate GPS esatte basta cliccare sulla puntina da disegno.
Non ci sono particolari problemi di parcheggio all’esterno. Poco distante c’è anche una fermata dell’autobus.

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Attrezzatura

Treppiede. No treppiede, no foto. Semplicemente ci sono moltissime stanze e corridoi che, a mio personale avviso, meritano ma la maggior parte sono piuttosto bui dunque è praticamente impossibile fare una buona foto. A meno che non vogliate usare ISO altissime, ma sono gusti. Io me lo sono portato e non l’ho lasciato un attimo.
Gli obiettivi che ho scelto sono stati un “tutto fare” 18-105 ed un macro 105 nel caso ci fossero stati dettagli interessanti. Pressoché inutile un tele. Non ho un fisheye ma lo immagino benissimo per questo genere di ambiente.
Consiglio vivamente di portarsi un torcia seria, sempre se non volete finire per sbaglio nella tromba di qualche ascensore o incontrarvi faccia a faccia con chissà chi dentro una stanza.
Ovvio, ma non troppo, scarpe decenti con una suola resistente; per terra c’è veramente di tutto, specialmente in un padiglione, che è completamente ricoperto di schegge di vetro.

La visita

Ci siamo andati il 21 giugno, in una bella giornata di sole, e direi che è stata un’ottima idea. Probabilmente il giorno piovoso e cupo sarebbe stato più a tema ma i padiglioni sono bui e malconci e, oltre al freddo e al pantano generale, probabilmente avremmo incontrato quanto di peggio la società poteva offrire… E non mi riferisco ai senza tetto in cerca di riparo.

Alle prime abbiamo avuto difficoltà a trovare l’ingresso all’intero complesso, anche perché è tenuto discretamente e ci sono anche dei cartelli nuovi che indicano le varie strutture attive ancora presenti, oltre al fatto che c’era un incredibile via e vai di auto, uno pensa di essersi sbagliato!
Abbiamo passato quella che una volta era la portineria: un gabbiotto con i vetri mezzi sfondati e con un piccolo ufficio dove sono presenti ancora parecchi faldoni, il tutto incredibilmente integro grazie a delle inferriate.
Proseguendo sulla destra si trova un edificio che non ha la rete di protezione e mi ci sono fiondata. Nulla di particolare in realtà. Probabilmente era la mensa, (o così pareva, dalle etichette sui quadri elettrici), un ampio salone completamente vandalizzato e saccheggiato, ricoperto di macerie, di nuova costruzione, non penso potesse far parte della villa originaria. Usciamo e sul retro di questo edificio troviamo una micro colonia di gatti molto simpatici… portatevi dei croccantini!

Proseguiamo verso uno dei veri e propri padiglioni dell’ospedale, sempre sulla destra dell’ingresso, ovviamente recintato con la classica rete arancione con cartelli che segnalano pericolo. Dalla rete si può passare senza problemi, non è necessario nemmeno sfiorarla: in alcuni punti è assente ed in altri hanno fatto una recinzione parziale. Passiamo e ci dirigiamo verso una porta laterale. Murata. Fantastico, proseguiamo e incontriamo una seconda entrata… bloccata da una fantastica lastra di ferro ben saldata. A ‘sto punto la mia pazienza era già ampiamente evaporata. Quando ogni speranza sembrava perduta, intravedo da una finestrella il cortile interno e dalla parte esattamente opposta un ingresso libero e siamo finalmente entrati.

Appena entrati nel padiglione abbiamo notato che svariate stanze era state adibite ad “alloggi”, abbiamo dato una rapida occhiata con la torcia (quella zona ha le finestre sbarrate) e c’erano fornelli improvvisati, scorte di cibo random, tabacco, vecchi materassi, e non era roba che stava lì dal 1999, così come gli escrementi, dunque abbiamo deciso di levare le tende in fretta.
Usciti dagli “appartamenti” abbiamo iniziato a fare il giro per i corridoi quando sentiamo voci maschili provenire dalla direzione dalla quale siamo arrivati. Non avendo ben presente la struttura dei padiglioni e considerando che molte uscite erano sbarrate abbiamo pensato “ecco, adesso va a finire male”, invece no. Fotografi, altri fotografi innocui.
Nel primo padiglione visitato (quello vicino alla mensa) non c’era nulla di particolare. Praticamente è stato svuotato (vandalizzato), non è rimasto veramente nulla, letti o armadi sono praticamente assenti; si può trovare qua e là qualche materasso sventrato e c’è un angolino in cui qualcuno si è divertito a strappare tutte le pagine di qualche elenco telefonico. Non ci sono documenti.

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Al piano superiore invece la cosa ha iniziato ad essere più interessante. A dir la verità non c’era nulla di eclatante nemmeno lì, ma aveva un altro stile, più curato, le porte non sono più in metallo ma ci sono piccole porticine in legno e la colorazione delle pareti è azzurro cielo.
Per salire ci sono sempre 2 rampe di scale, in ogni padiglione, dunque se ne trovate una ma è particolarmente malconcia potete cercare l’altra. Ah! Altra cosa da segnalare, per i temerari, ci sono delle piccole scalette in cemento che portano al sottotetto. In questo padiglione sono presenti gli ascensori, tutti ben chiusi.

Secondo padiglione visitato, è sembrato subito molto interessante anche se abbiamo faticato un pelo di più per trovare l’ingresso, ben nascosto dalla sterpaglia.
Qui molto più materiale. Da dove ci siamo infilati abbiamo trovato praticamente subito questa stanza:

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La stanza è quella che molti fotografi in passato hanno già ampiamente immortalato ma che è stata ahimè vandalizzata già da anni dunque se cercate questo sappiate che è quello che avete appena visto. Purtroppo Mombello viene vandalizzato costantemente, quello che c’è oggi domani ha probabilmente già preso fuoco.
Altra cosa molto interessante di questo padiglione (se la memoria non fa acqua è quello più centrale) è la presenza del reparto di radiografia. Il corridoio che ospita il reparto in questione ha il pavimento letteralmente ricoperto di radiografie ed elettrocardiogrammi dei pazienti, oltre a tutte le schede con gli appunti dell’epoca. Non ho fatto una foto decente lì, qui invece ne trovate una. Le porte che si vedono sulla destra erano i vecchi uffici/ambulatori dov’erano conservati i documenti; all’interno ci sono ancora gli armadi con le cartelline in cartoncino appese all’interno, moltissime delle quali strappate giusto per essere svuotate e lanciate per tutto il reparto…

Il terzo ed ultimo padiglione visitato era quello messo veramente peggio ma indubbiamente tra i più interessanti. Un ingresso è stato completamente murato e letteralmente messo a ferro e fuoco. È uno degli edifici più bui e carbonizzati, nonché il più pericoloso a livello strutturale.

Il piano terra non è visitabile senza torcia e ci sono armadi rovesciati in ogni dove, rendendo il passaggio difficoltoso, tant’è che in alcuni punti è proprio sbarrata la strada, a meno che non vogliate spostare mobilia varia, comunque tutto aggirabile. Attenzione attenzione: ci sono le porte degli ascensori scassinate e spalancate, si rischia di finirci dentro!
C’è solo un’ala discretamente illuminata e dov’è rimasto qualcosina in piedi, che mostra quanto doveva essere bella la struttura prima che qualche mente malata (e non parlo dei pazienti!) ci passasse.

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Il piano superiore è nettamente più luminoso, ci sono le solite stanze con i materassi esplosi e qualche armadio ancora regge e due tra le cose più interessanti sono stati i reparti con la scuola per infermiere ed il vecchio laboratorio di analisi (o qualcosa di simile).

Speravo di trovare qualcosa di più nella scuola per infermiere ma hanno razziato praticamente tutto. Solo qualche manuale mezzo bruciacchiato in una delle classi (ce n’era uno anche nel secondo padiglione, nella sala radiografie, sul letto). Il laboratorio di analisi purtroppo è completamente andato: i 3/4 del tetto sono crollati e le macerie invadono i banconi, non è rimasta traccia di flaconcini o attrezzatura varia e dove le il crollo non è arrivato, ci sono arrivati i vandali che hanno ridotto in mille pezzi la camera bianca e la cappa.

Per fare il giro di 3 padiglioni ci abbiamo messo 8 ore + pausa cibo, ed i padiglioni dovrebbero essere ben 12! Ci stavamo introducendo nel quarto, di fattura decisamente più recente, ma la stanchezza iniziava a farsi sentire e abbiamo rimandato alla prossima.

Ci sarebbero anche i cunicoli sotterranei da visitare ma abbiamo passato. A parte che non eravamo attrezzati per scendere di sotto, ma per quanto ho potuto informarmi, sono particolarmente stretti, non un granché per chi ha qualche problema di claustrofobia.

La “fauna”

Per chiudere il post, non potevo non descrivere i vari individui che si possono incontrare in giro per Mombello.
Il mattino “presto” è il momento migliore per visitare Mombello senza rotture di scatole, al massimo ci troverete altri fotografi ma nulla di fastidioso, anzi. Verso la tarda mattinata iniziano ad arrivare i primi curiosi, comunque tranquilli.
Il pomeriggio è la fiera dei matti, giusto per restare in tema. Abbiamo incontrato allegre famigliole che passeggiavano per i corridoi con prole al seguito che correva gasata dappertutto, decisamente fuori luogo… a meno che tu non stia cercando di sbarazzarti di figli, ecco, in quel caso lo stai facendo nel modo giusto.
Al pomeriggio si incontrano anche piccole comitive di fotografi, 5-6 persone per gruppo, il che è un po’ seccante se stai cercando di fare qualche foto perché sono già lì loro in 6, ora che fanno tutti non passa più.
Ma il top del top sono certamente i fan di “Mistero”, o anche solo semplicemente troll, e ne abbiamo incontrati anche noi. Verso metà pomeriggio, le 16 circa, quando eravamo nel terzo padiglione alle prese con treppiede ed inquadrature, da una stanza di fronte alla nostra escono 4 ragazzi, 2 ragazze e 2 ragazzi che ci corrono incontro e con i quali abbiamo questa “conversazione”:

– Hey, ma voi siete stati nei sotterranei?
– No, e non ci andremo
– Noi ci siamo appena stati con degli altri ragazzi che abbiamo incontrato qua fuori, cioè, pensavamo di morire, io mi son sentita toccare su una spalla mi son girata e non c’era nessuno!
– [silenzio stampa]
– E poi abbiamo fatto delle foto di sotto [estrae smartphone] ecco, tipo questa, vedete? Qui c’è questa macchia rossa (la foto presentava una macchia rossa, come quando una volta si bruciavano le pellicole, un effetto un po’ lomografico) e nella foto scattata subito dopo non c’è! Non è strano??
– [lungo silenzio] Bè… sono pur sempre macchine fotografiche… è uno smartphone…

Credo che la mia risposta non li abbia molto soddisfatti e  si sono congedati visto che il terrorismo psicologico non aveva per niente funzionato. Ma non si sono arresi!
Dopo che se ne sono andati di nuovo a zonzo, siamo entrati in un bagno per cercare di fare qualche foto e sentiamo voci; oh bè, col traffico che c’è a Mombello il pomeriggio uno non ci fa manco caso, invece erano di nuovo questi che tirano dritto davanti al bagno, salutando. Il quarto, un ragazzo penso sui 25 (gli altri erano nettamente più piccoli, 17-18 anni) che è passato per ultimo, si ferma davanti alla porta del bagno ed esclama:

– Mi si è fermato l’orologio!
– …………………. il mio funziona….
– Il mio no invece! Certo che è strano, prima funzionava ma quando sono arrivato qui ha smesso!

“Mistero” sta veramente peggiorando una generazione di già cerebrolesi. Dopo che incontri questi soggettoni inizi a chiederti se abbiano fatto bene a chiudere Mombello…

Tags: abbandono, asylum, d90, esplorazioni, fotografia, limbiate, lombardia, manicomio, mombello, nikon, urbane, urbex

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